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Una battaglia dopo l’altra: Paul Thomas Anderson dirige Leonardo DiCaprio, Sean Penn e Benicio del Toro in un action movie unico

Una battaglia dopo l’altra: Paul Thomas Anderson dirige Leonardo DiCaprio, Sean Penn e Benicio del Toro in un action movie unico

“Ti dirò cos’è la libertà. È non avere paura. Ecco cos’è”. È una battuta di Nina Simone. E risuona, in bocca a Benicio Del Toro, in Una battaglia dopo l’altra, il nuovo film di Paul Thomas Anderson con Leonardo DiCaprio, al cinema dal 25 settembre. Non avere paura, andare avanti. È qualcosa che ha senso se è legata ai personaggi del film, e alla loro crescita all’interno della storia. Ma ha senso anche se la pensiamo a proposito di Paul Thomas Anderson, regista che non ha avuto paura di girare un film folle, un action movie adrenalinico con esplosioni, sparatorie e inseguimenti, un film indefinibile e incasellabile, come del resto è sempre stato l’autore di Magnolia, Il Petroliere e Licorice Pizza. Ma sentire oggi in un film “Ti dirò cos’è la libertà. È non avere paura” ci fa pensare all’America di oggi, e a tutto il mondo di oggi in cui le parole libertà e paura stanno assumendo un senso completamente diverso da prima. Tutto questo, e molto di più, è Una battaglia dopo l’altra.

Il rivoluzionario in declino Bob (Leonardo DiCaprio) vive in uno stato di paranoia confusa, sopravvivendo ai margini della società insieme alla sua vivace e indipendente figlia Willa (Chase Infiniti). Quando, dopo sedici anni, il suo acerrimo nemico (Sean Penn) riappare e Willa scompare, l’ex militante radicale si lancia in una disperata ricerca. Padre e figlia dovranno affrontare insieme le conseguenze del suo passato.

La storia, raccontata così, è abbastanza folle. Ma vederla al cinema è un’altra cosa. È un’esperienza ancora più folle. È una storia raccontata con un ritmo parossistico, senza un attimo di respiro, che parte e continua a cento all’ora, per fermarsi solo un attimo, e riprendere a velocità ancora più alte. È un susseguirsi di sequenze di azione pura, che sembra quella di alcuni film degli anni Settanta, mescolate a momenti di ironia e comicità inaspettati che rende il tutto tragicomico. Capita più volte, durante la visione, di chiedersi a che razza di film si stia assistendo.

Una battaglia dopo l’altra è un meccanismo a orologeria dove gli ingranaggi perfetti sono gli attori, alcuni intensi e fieri, altri buffi e patetici. Leonardo DiCaprio, nei panni dell’ex rivoluzionario Bob, mette in scena un personaggio diverso da tutti gli altri che avevamo visto nella sua carriera. È un uomo dimesso, stanco, dalla barba incolta e i capelli lunghi. È fragile, dopo un dolore che gli ha cambiato la vita, e si è lasciato andare a droghe e alcool. Guardate il suo sguardo: è spesso vitreo, vuoto, perso. Il suo è, ancora una volta, un personaggio fuori da ogni categoria. E non dimentichiamoci che era un bellissimo di Hollywood, destinato a diventare una star del cinema e basta. Invece è diventato un grandissimo attore.

Sean Penn ci regala un personaggio detestabile, orribile, indisponente e patetico nel suo voler scalare i gradini della società, nel suo voler entrare in un élite a cui non può appartenere. Il suo odio, la sua cattiveria, la sua nevrosi sta tutta in quel nervoso e continuo movimento della bocca. E poi quella camminata scomposta, il taglio dei capelli, rasati ai lati e lunghi e lisci al centro, contribuiscono a fare un ritratto memorabile di un personaggio laido e immorale, uno dei tanti odiatori seriali di cui oggi è pieno il mondo.

E poi c’è Benicio Del Toro, un messicano che vive al confine e aiuta i migranti, al tempo stesso sensei di karate e rivoluzionario, che attraversa il film con una serenità zen, anche in situazioni di pericolo e paura. Con una leggerezza tutta sua danza sopra le preoccupazioni. Lui vive così e trasmette tutto questo agli altri. È un personaggio unico, probabilmente il migliore del film. Ma non dimentichiamo i personaggi femminili: Teyana Taylor è la rivoluzionaria di cui DiCaprio si innamora, capelli corti, occhi neri grandi e allungati, volto e fisico scolpiti. Quando è in scena, nella prima parte del film, la mdp non le stacca mai lo sguardo di dosso. Chase Infiniti è la figlia Willa, un volto pulito, fiero, e allo stesso tempo dolce. È la nuova generazione, la speranza per il futuro.

Che cos’è allora Una battaglia dopo l’altra? È un film incasellabile, difficile da maneggiare. Per molti è un film eccezionale. Per chi scrive ha dei limiti, tra cui quello di non riuscire ad amalgamare poi così bene i vari registri del film. Perché azione e comicità possono andare l’una accanto all’altra. Ma questo è un film che vuole dire molto altro, e allora quei momenti grotteschi rischiano forse di svilire gran parte del messaggio. Detto questo, gli attori nel mettere in scena questi momenti, sono straordinari. Con alcune sequenze di grande cinema, su tutte l’inseguimento finale in saliscendi, a volte in soggettiva, su quei dossi così ondulati da far sembra la corsa in macchina un trip lisergico.

Ma il grande pregio del film è probabilmente quello di riuscire a raccontare, attraverso certi personaggi, la brutalità e la cattiveria del mondo di oggi, e dell’America in particolare. In certi personaggi senza alcuna umanità ritroviamo il baratro in cui siamo precipitati. Girato al confine tra Messico e Stati Uniti, intorno alle barriere tra i due stati, Una battaglia dopo l’altra è probabilmente il più grande sberleffo all’America di Trump che possiate vedere oggi al cinema e in televisione.

di Maurizio Ermisino

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